Tutti gli articoli di Feliciano Della Mora

Vincenzo ANDRAOUS, Una sorta di razzismo al contrario.

Ho assistito ad una zuffa tra due automobilisti, uno bianco e l’altro nero, qualche parolaccia, un digrigno di denti, eppoi via ognuno per la propria strada.
E’ andata bene mi sono detto, nessuno si è fatto male, i tribunali italiani notoriamente congestionati da tonnellate di carta vecchia e cause decennali ancore aperte, hanno evitato un sovraccarico dibattimentale.
Di per se la violenza verbale usata da entrambi non è stata la causa che ha messo in moto la mia attenzione o preoccupazione, in fin dei conti accade ben di peggio persino nei salotti bene oppure negli spazi agguerriti di qualche trasmissione televisiva che ha un bisogno disperato di fare audience.
Una discussione come tante, un diverbio per futili motivi, ma in questa scenetta c’era da attenzionare altro rispetto alla fisicità dei contenuti.
C’era “altro” a fare la differenza, a creare un confine sempre più simile a un recinto di filo spinato, infatti il cittadino nero inveiva nei riguardi dell’altra persona, perché a suo parere, l’uomo bianco non ammetteva di avere torto, urlava e usava le parole come sassi, andava in scena una sorta di razzismo al contrario, a tal punto da passare dalla ragione al torto, se mai questa fosse stata dalla sua parte.
Non si tratta di dare addosso a qualcuno perché ha la pelle diversa dalla mia, io non ce l’ho con i cinesi, i coreani, gli asiatici, perché mangiano i cani, io ce l’ho e di brutto anche, con tutti quelli che uccidono i cani e se li mangiano anche, mi pare diversa la sostanza.
L’avversario dalla pelle chiara a sua volta additava lo straniero per arrogante e violento, fino ad apostrofarlo “brut negher”, insomma tra un bianco di merda e un negher di cacca, a più riprese si sono avvicinati e allontanati, fortunatamente senza fare uso delle mani o di altri corpi contundenti.
Chi dei due stava cavalcando la tigre? Ho seguito l’alterco  con una certa urticanza, perché davvero veniva voglia di prenderli a calci nel sedere entrambi, ma per evitare ulteriori dinamiche razziste-globalizzanti, ho desistito da ogni intervento, in controtendenza con la pratica del “vale tudo” appena recitata.
La ragione stava chiaramente dalla parte del conducente che circolava al centro della propria carreggiata, il torto aveva domicilio in chi era posteggiato sbracatamente in doppia fila.
Eppure l’ovvietà della norma infranta, del codice della strada, dell’educazione civica intesa come equilibrio e rispetto di atteggiamenti e comportamenti, soccombevano all’esposizione delle parole brandite come clave, per l’inossidabilità di culture sideralmente distanti, per la violenza insita in ogni forma di incomunicabilità, di conflittualità persistente derivante dal percepire l’altro come un pericolo, una minaccia, un portatore di ulteriore limitatezza umana, un invasore della propria libertà.
Esiste e come il razzismo, permane e progredisce anche una sorta di razzismo al contrario, di illegittima autodifesa, ricercando una provocazione insopportabile a scatenare una reazione anche violenta e qualche volta incontrollata, si comunica sempre più sbrigativamente, in modo tendenzialmente emotivo e spesso violento, per cui chi sta nello spazio del rispetto reciproco, per una sua impreparazione educazionale, per una incapacità a gestire il proprio self-control, si ritrova a pagare un dazio non voluto né cercato, ma soccombente rispetto ai propri diritti calpestati.
Gran brutta bestia il razzismo, ancora peggio se strumentalizzato, fino a farlo diventare una uscita di emergenza per i soliti furbi, siano essi residenti, resistenti, o imparentati con un qualche diritto di cittadinanza.

Autore: vincenzo.andraous@cdg.it

Vincenzo Andraous, Nel rispetto dei ruoli e delle competenmze.

Bullismo endemico all’istituzione scolastica come alla collettività intorno?
Mi sono confrontato con la prima linea professorale, ma anche con quell’altra della retrovia, ho incontrato quella genitorialità che non ammette giudizi né sentenze di appello, quando si tratta dei propri figli.
Il fenomeno del bullismo è un problema relazionale, che attraversa le nostre  famiglie, scuole, città, strade, a causa delle nostre ripetute e reiterate mancanze e inefficienze, nessuno può sentirsi autorizzato a non farci i conti.
Per tentare di arginare questo cratere di diseducazione virulenta, è necessario non fare spallucce alle nostre lentezze, e soprattutto alle nostre belle certezze, che non ci consentono di conoscere fino in fondo i dubbi che delimitano aree problematiche di così grande spessore e pericolo per un futuro a misura di uomo per i nostri ragazzi.
E’ l’esperienza a darmi man forte, è la somma degli errori a rendere obbligante un intervento che non può essere procrastinato, tanto meno amputato nella sua incisività da forme di rigetto baronali o peggio padronali, in ambiti che sono demarcati da confini, sì, sottili, ma diventati frontiere da percorrere in lungo e in largo per conoscerne le reali misure di contenimento.
Indipendentemente da chi farà un passo indietro per porsi dove c’è l’intera panoramica da indagare, è  in quest’ottica che dovranno essere presenti quattro poli convergenti: genitori, insegnanti, studenti, territorio, per comunicare tra loro e trasmettere informazioni, movendo una sinergia non di facciata, ma realmente improntata al raggiungimento di obiettivi comuni.
La scuola è di tutti, soprattutto è comunità e condivisione, allora ciascuno abbia il coraggio di mettersi nei panni dell’altro, e una volta tanto, lo faccia con voce liberante, obbligando la scuola, e così se stessi, a muovere dalle gabbie di partenza, quelle recintate con il filo spinato delle deleghe sempre comode.
Occorre sfuggire gli atteggiamenti ottusi, in cui è difficile affrontare con un minimo di onestà e umiltà il dibattito per arginare il fenomeno del bullismo, si preferisce rifugiarsi in fuorigioco, creando una disattenzione che autorizza l’accantonamento del rispetto delle regole, premiando i soliti furbetti dalla botta facile, dal beverone, dallo spinello acceso.
Occorre prendere in esame iniziative volte a indagare non più e non solo il mondo degli adolescenti, ma quello adulto, e non solo a scuola.
E’ necessario approntare servizi di consulto nell’istituzione scolastica, affinché chi è deputato a leggere oltre che a scrivere un voto, possa ritrovare equilibrio e serenità per riconquistare rigore e autorevolezza, rientrando a pieno titolo nel gioco delle relazioni.
Forse è anche il caso di spiegare a chi è genitore sulla carta, che lo è pure sulla linea mediana della tutela, e che solamente insieme si fa promozione, prevenzione, sviluppando capacità di partecipazione per progettare  interventi rivolti ai ragazzi, azioni di sostegno e accompagnamento urgenti in attesa dell’incontro con il proprio futuro.

Autore: Vincenzo Andraous – vincenzo.andraous@cdg.it

Giuseppe PIPINO, Le aurifodine dell ovadese.

ovadeseSecondo la tradizione popolare, riportata in vecchi manoscritti, nella bassa piana del torrente Piota era esistita la mitica città di Rondinaria, presso la quale migliaia di schiavi erano obbligati, dai Romani, a raccogliere l’oro dalle sabbie: i cumuli di ciottoli residui e visibili in alcuni punti erano considerati il risultato dei “lavaggi”, quando non i ruderi della stessa città (PIPINO 1989, 1997, 2013).

Allegato: Le aurifodine dell ovadese

Autore: Giuseppe Pipino, – info@oromuseo.com