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Anna Marinetti. Il Venetico.

Il venetico è una lingua indeuropea, attestata da oltre 500 iscrizioni datate dal VI al I sec. a.C. e provenienti soprattutto dall’attuale regione italiana del Veneto (in pochi casi, dal Friuli Venezia-Giulia, dall’Austria e dalla Slovenia).
La scrittura utilizzata è un alfabeto locale di derivazione etrusca.
Le iscrizioni venetiche comprendono testi funerari, votivi e pubblici, resi — tranne alcune eccezioni — mediante schemi formulari. Ampiamente documentata è l’onomastica (nomi personali; formula onomastica maschile e femminile).
Le strutture della lingua (fonologia, morfologia, sintassi e lessico), data la natura frammentaria del venetico, sono conosciute solo parzialmente; permangono problemi relativi alla classificazione, anche se è ormai accertata l’appartenenza al ramo italico dell’indeuropeo.

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Autore: Anna Marinetti – Dipartimento di Studi Umanistici, Università Ca’ Foscari Venezia – inda@unive.it

Leggi anche: Culti del Veneto preromano, di Anna Marinetti

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Giorgio Manganello. VELLETRI IN ETA’ ARCAICA (II parte).

Le tracce evidenti, nelle lastre architettoniche della serie Veio – Roma – Velletri, di un “matrimonio sacro” tra un re (Lucio Tarquinio) e una dea protettrice, fecondatrice e “facitrice di re” (come viene chiamata da A. Carandini), ovvero la dea Fortuna – Mater Matuta, identificata in terra, da parte di re Tarquinio, con la regina Tanaquil si possono vedere chiaramente nella scena della “processione nuziale” I e nella “processione nuziale” II.
La dea Fortuna – Mater Matuta, “infatti sarà amata dal re Servio Tullio, successore di Tarquinio Prisco” (A. Carandini – op.cit. – pag.36). Ma la dea Fortuna – Mater Matuta sarà amata e venerata anche da Tarquinio il Superbo, perché opportunamente si prestava a proteggere personalità forti e ambiziose come appunto Lucio Tarquinio. Questo fa pensare, ad esempio, alla vittoria di Tarquinio nello scontro con i Volsci, avvenuto a Velletri tra il 540 ed il 530 a.C. circa…

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Autore: Giorgio Manganello – CENTRO STUDI STORICO-ARCHEOLOGICI “ORESTE NARDINI” – Velletri (Roma) – giorgiomanganello6@gmail.com

Giorgio Manganello. VELLETRI IN ETA’ARCAICA (I parte).

Nell’ottobre del 1784, durante la costruzione di un muro meridionale di un oratorio accanto alla chiesa di Santa Valle, ovvero di Santa Maria della Neve, all’estremità sud-ovest nell’estremo sperone tufaceo dell’antica Arx veliterna, furono rinvenuti molti resti di terrecotte architettoniche facenti parte di un tempio arcaico etrusco – italico in legno, del quale vennero identificati i resti delle fondamenta.
Queste terrecotte andarono a far parte della collezione del Cardinale Stefano Borgia, dottissimo mecenate fin dal XVIII secolo e collezionista di antichità. Tali terrecotte successivamente confluirono presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli dove tutt’oggi si trovano.
Altre terrecotte architettoniche fittili furono rinvenute nel 1910, sempre nell’area sottostante la Chiesa di Santa Maria della Neve, dall’archeologo Giovacchino Mancini, e costituiscono senza alcun dubbio “uno dei più completi e articolati complessi decorativi di ‘prima fase’ in ambiente etrusco – laziale” (F. R. Fortunati, “Il Tempio delle Stimmate”, in AA.VV. “Museo Civico di Velletri” 6 – Cataloghi dei Musei Locali e delle Collezioni del Lazio – Casa Edit.ce Quasar – Roma, 1989 – pag. 57). Quest’ultime terrecotte fittili si trovano attualmente esposte presso il Museo Civico Archeologico di Velletri. ..

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Autore: Giorgio Manganello – CENTRO STUDI STORICO-ARCHEOLOGICI “ORESTE NARDINI” – Velletri (Roma) – giorgiomanganello6@gmail.com

Pasquale Scarnera. Il culto di san Michele arcangelo come cristianizzazione del culto di un eroe fondatore dell’antica cettà Peuceta.

L’identificazione di un Santo Patrono per una città, oltre che basarsi su testimonianze mistiche e leggende locali, potrebbe a volte innestarsi su di un patrimonio culturale preesistente, che connotava l’immaginario della popolazione di riferimento, secondo modalità in grado di modularne il passaggio senza soluzione di continuità, tuttavia trasformandone i contenuti, senza allontanarsi troppo dalle rispettive connotazioni degli spazi immaginari simbolici della tradizione più antica e di quella più recente.
Viene quindi discusso il caso di un Complesso Rupestre situato nella città di Gravina in Puglia (BA), quello di “San Michele delle Grotte”.

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Autore: Pasquale Scarnera – linosca@questacitta.it