Lo studio dei nomi degli dèi mi ha introdotto ad un’osservazione panoramica dei fatti antichi [: sociologia della protostoria].
I nomi degli dèi illuminano i nomi umani, cardini delle parole comuni.
Direi che l’approccio nuovo mi ha liberato dai canoni, cioè sono stato condotto fuori dai sentieri troppo ripetutamente percorsi e credo di aver individuato diverse cose nuove che giacevano dall’antico sotto gli occhi di tutti, ma che non vengono viste a causa del canone [la regola che dà ordine ed anche morte al pensiero]. Occorrevano lenti nuove per vedere le cose nascoste dai canoni [cose ridotte ad ‘ideologia’, ovvero a ‘rappresentazione del mondo non corrispondente al mondo com’era’ –‘ideologia’ secondo Karl MANNHEIM, Ideologia e Utopia, 1957 Bologna-].
Abbiamo già visto Virgilio sacerdote etrusco che il canone ha imbalsamato come poeta romano.
Lo gnosticismo è diventato un’altro di questi canoni/lenti [Qui ‘lento opposto a rock’ per stare con Celentano]: quante pagine di bibliografia bisognerebbe prospettare allo studioso che
volesse dirsi informato almeno in modo leggero su questo fenomeno (una cinquantina?)? E, nonostante un esame approfondito di tutti gli autori il nostro lettore con sete di gnosi rischierà alla fine di rimaner chiuso nel canone, ovvero portato a ripetere: ‘Tizio scrive che Caio ha scritto che Sempronio scriveva’. Ma, i fatti raccontati secondo i canoni sono sempre quelli antichi o non si sono alterati, invece, nella lunga narrazione?
“In principio c’è l’ascolto”
“In principio c’è l’ascolto” scrive Joseph Ratzinger in servitori della vostra gioia (a: 85)
un ascolto prolungato, fuori dai canoni, religiosi e laici [Anche se il Papa privilegia l’ascolto di Dio con la preghiera, non omette la lettura di Virgilio e l’ascolto di Mozart]: “Come nella vita dell’uomo non si ottiene niente di grande senza disciplina e metodo, così anche la vita interiore ha bisogno dell’uno e dell’altro. Quando ascoltiamo un grande artista che domina magistralmente il suo strumento, ci commuove la facilità, l’apparente naturalezza e scioltezza, che semplicemente fa parlare la bellezza dell’opera stessa. Ma perché si abbia alla fine questa facilità, nella quale la grandezza si esprime in modo puro e autentico, deve precedere un lavoro lungo e metodico.” (: 93-94). La disciplina ed il metodo, non uccisi dal canone (canone che assimiliamo all’abitudine che sterilizza il metodo rendendolo incapace di generare pensiero vivo) porta Ratzinger a scrivere: “Nel periodo della formazione del canone [Con ‘periodo di formazione del canone’ s’intende, chiaramente, un periodo in cui il canone, cioè il pensiero abitudinario, non si è formato nds], che come tale è stata anche la formazione della Chiesa e della sua cattolicità, Ireneo di Lione prima di tutti gli altri dovette affrontare tale questione, nella cui soluzione si decide la possibilità o l’impossibilità della vita cristiana. Ai suoi tempi Ireneo riconobbe che il principio del cristianesimo dell’adattamento e dell’illuminazione (la cosiddetta gnosi), che allora minacciava la Chiesa alle fondamenta, fu la divisione sulla Bibbia come separazione tra Bibbia e Chiesa.” (: 101-102).
Ireneo di Lione
Vediamo alla fonte di Ireneo il pensiero degli gnostici.
In principio ci sono gli eoni, secondo gli gnostici, racconta Ireneo (di Lione, Contro le eresie, Milano, Jaka Book, 1997, a cura di Enzo Bellini. (Denuncia e confutazione della falsa gnosi libri 5).
Il vescovo Ireneo mostra ad un onomasiologo che il suo nome, presumibilmente, è sacerdotale, cioè viene scelto all’atto della nomina come per ogni vescovo: significa ‘portatore di pace’, in latino, seguendo l’insegnamento di Cristo: -Io vi lascio la pace, vi dò la mia pace-. Un nome scelto dal futuro vescovo con cura, che mostra che il latino ireneo sillabato in ablativo [il caso latino che c