L’esplorazione della necropoli inizia nel 1976 a seguito del ritrovamento di una stele ed un sarcofago rinvenuti casualmente durante lavori agricoli. Questi oggetti recano i segni evidenti dell’aratro. La concentrazione di monumenti funerari a Belriguardo fa ritenere che l’antico dosso parafluviale scelto dagli estensi nel 1435 per edificare la loro reggia estiva, fosse già stato sede d’insediamento in età romana. Le campagne di scavo, che si sono succedute fino al 1983, hanno portato alla luce un’area sepolcrale particolarmente interessante. Fino ad ora sono state 67 le tombe esplorate, ma l’estensione va ben oltre l’area scavata. L’interramento di tali sepolture fu causato dalle ripetute inondazioni di un antico ramo del Po, ora esaurito, durante il III sec. d. C. che ha coperto la necropoli sotto una spessa coltre di detriti, causando l’abbandono dell’area ma favorendo anche la sua conservazione fino ai giorni nostri.
Il benessere economico di quest’area è dovuto al fatto che Voghenza, in età antica, era situata in posizione strategica sul fiume Po. Il ramo di questo fiume, denominato Spinetico in età etrusca e, successivamente, Eridanus in età romana, che attraversava il territorio voghentino, era quello principale che giungeva a mare nei pressi di Spina, porto greco – etrusco, la cui importanza si deve legare, in età classica, ai grandi traffici mercantili con il Mediterraneo orientale. In questo ramo confluiva il Reno con quel ramo denominato Avenza, il che potrebbe essere all’origine del toponimo vicus avenzia (Voghenza). Quindi, da Voghenza dovevano transitare le merci che dal mare entravano nella pianura padana e quelle dirette al porto di Ravenna, e inoltre era capolinea di quelle che giungevano dall’Avenza o che dovevano essere inviate all’interno. Oltre ad una via di comunicazione fluviale, ve ne era anche una stradale. Stradone parla di terre nelle zone padane strappate alle acque per specifici scopi agricoli che, affiancate da vie fluviali, potevano portare rapidamente le merci verso le grandi strade consolari per la loro commercializzazione nell’impero. Le strade che correvano a poca distanza da Voghenza, erano la Via Popilia, realizzata dal console P. Popilio Lenate nel 132 a. C, che partendo da Rimini, passava per Adria, giungeva fino a Padova per collegarsi con le vie che conducevano verso le terre ad est dell’impero, la Via Aemilia Minor, realizzata dal console M. Emilio Lepido nel 157 a. C., che da Bologna portava fino ad Aquileia, e la Via Annia, tutte collegate con l’area voghentina da vie minori. Inoltre, la Tabula Peutingeriana, che testimonia la situazione nel IV sec. d. C., evidenzia una via ab Hostilia per Padum, quindi una strada che collegava Ravenna con Ostiglia e che doveva interessare certamente anche Voghenza. Queste buone vie di comunicazione ed il progressivo abbandono di Spina, a causa dell’avanzamento della linea di costa, furono i fattori che portarono alla fortuna di Voghenza in età romano – imperiale, diventando sede dei funzionari preposti all’amministrazione delle terre imperiali. Quindi, a seguito della scomparsa di Spina, questo vicus divenne, tra il I ed il III sec. d. C. il centro amministrativo e commerciale del Basso Po. Il vicus era l’unità minima in cui erano suddivisi, in epoca romana, sia i centri urbani sia le aree rurali abitate. Nel caso dei centri urbani, si trattava del sobborgo, mentre nelle zone rurali il vicus era il villaggio.
Nella necropoli individuata sono testimoniate differenti tipologie di inumazioni: sarcofagi; cippi; stele; sepolture coperte da lastroni di pietra veronese rosa o bianca, affiancate o sormontate da un basamento parallelepipedo in pietra che doveva sorreggere il titolo funerario; tombe – cappuccina, con tegole poste a doppio spiovente; tombe in laterizi; e casse di legno. Attestata anche la cremazione, sia diretta, dove il defunto veniva cremato direttamente in una fossa