Mario Zaniboni. Il cippo di Castignano. Il più antico scritto in alfabeto italico.

Il comune di Castignano (AP) è posto alle pendici del Monte Ascensione, a cavallo del crinale che funge da spartiacque tra la Valle del Tronto a sud e la Val Tesino a nord. Il confine nord è rappresentato approssimativamente dal fiume Tesino. Su questo alto crinale sorge a 473 m di altitudine il paese di Castignano, costituito dall’antico borgo e dalla parte nuova, sviluppatasi lungo la strada provinciale. A sud del crinale vi è la frazione di Ripaberarda, ex-comune autonomo un tempo.
Forse il suo nome ha origini latine, a significare che il luogo ha presenza di boschi di castagni (Lucus castineanus), così come è ricordato da Plinio. Storicamente, si sa che nel passato, sino all’anno 1000, il nucleo abitativo era abbastanza esteso, ma tutta una serie di frane ne ha ridotta drasticamente l’estensione.
Nel 1890, durante ricerche e scavi nella località Montecalvo, è stato trovato un cippo funerario (o stele funeraria) di arenaria, a forma piramidale, lungo 1,36 metri, con la base rettangolare di 30 x 22 centimetri e rastremato in sommità, dove lo spessore di 30 centimetri si riduce a 15.
Secondo gli archeologi, questo reperto è databile fra il VII e il VI secolo a.C. Il cippo è una sorta di reperto che finora è stato trovato solamente nel territorio fra Macerata e Teramo, negli Abruzzi, a quei tempi abitato dal popolo Piceno. Gli studiosi sono tutti d’accordo nel ritenere che la sua funzione fosse quella di segnalare la presenza di una tomba; del resto, non sarebbe una novità, giacché era un’abitudine comune nell’antichità di infiggere al suolo, negli angoli delle sepolture, pietre grezze di diverse dimensioni aventi la funzione di segnalarne la presenza.
A quanto se ne sa, esso sarebbe giunto fino a noi tramite la mediazione apula che lo avrebbe preso dall’isola di Corcyra, ovvero alcuni segni che farebbero pensare ad una lontana parentela etrusca rintracciabile nell’Egeo e quindi mediterranea; è certamente il più antico usato dalle genti italiche di cui si abbia memoria. Gli studiosi però non hanno ancora definito se esso deve considerarsi uno tra i primi attestatisi nella penisola con l’arrivo delle genti italiche o se, invece, debba essere considerato residuo di una scrittura ancora più arcaica. Questo mistero è reso ancora più affascinante dal fatto che l’iscrizione di Castignano – in parte simile a quelle vicine di Cupra, Bellante, Neretto e Scalelle – manifesta un testo in parte indoeuropeo contenente, però, elementi di un linguaggio pre – indoeuropeo.
Gli studiosi sono un po’ meno d’accordo in merito allo scritto, inciso sopra il cippo, di origine sud-picena, in alfabeto italico, che è stato riconosciuto come il più antico rinvenuto durante ricerche archeologiche fino a oggi.
L’iscrizione, realizzata con un andamento serpentiforme, è definita bustrofedica, vale a dire che le righe si leggono alternativamente da destra a sinistra e da sinistra a destra. Nel rigo di ritorno, una parte delle parole è rovesciata e le parole sono separate da tre punti verticali, caratteristica unica nella scrittura di cui trattasi.
In ogni modo, qualunque sia la traduzione, il contenuto parla della pietra infissa verticalmente nel suolo dai genitori affinché i Mani, cioè le anime dei defunti, prendano sotto la loro protezione il figlio morto e dell’atto sacrilego che sarebbe commesso se qualcuno osasse profanare quel luogo.
Ci sono diverse interpretazioni sulla traduzione; secondo Luigina Lelli potrebbe essere la seguente “Questa difesa innalzarono gli Appaei ai loro mani (o con le proprie mani) se qualcuno osa profanare questo luogo del padre e della madre, commette sacrilegio”.
Secondo Alighiero Massimi “Poponum principe degli Apaios fu ucciso…….La madre, il padre stordito e con l’animo affranto, e i nobili lo tumularono”.
Per Marcello Gaspari “La bella opera è innalzata in onore dei genitori per i quali gli appei dei pupun costruirono con le loro mani (oppure in onore dei loro mani) la tomba.”
Tra le diverse interpretazioni, la traduzione più condivisa dagli esperti è la seguente: “Questa difesa innalzarono gli Appaei ai loro mani, se qualcuno osa profanare questo luogo del padre e della madre commette sacrilegio”.
Il Cippo o la Stele di Castignano è uno dei reperti di maggior valore conservati nel Museo Archeologoco di Ascoli Piceno. E, affinché la gente possa apprezzare il reperto senza entrare nel museo stesso, ne è stata realizzata una copia, eretta nelle vicinanze della Piazza Vittorio Emanuele. É sottinteso che i Castignanesi ne sono orgogliosissimi.

Autore: Marco Zaniboni – zamar.22bluibero.it