Elaborato di ricerca tratto da una parte del saggio di D. Demetrio, Educazione degli adulti.
Le teorie dell’identità adulta concernono il campo della psicologia dell’Io, in quanto principio organizzativo della psiche, responsabile della sperimentazione della realtà, mediando esigenze divergenti in conflitto tra loro. La tesi che si vuole dimostrare è che si rivela possibile rappresentare l’Io, l’ego come se non fosse un risultato mediato dall’ambiente fisico, storico, umano.
Psicoanalisi ed età adulta
Il metodo psicanalitico è fondamentalmente un metodo storico-clinico che servendosi dell’esperienza del soggetto, quale oggetto d’indagine, mira a cogliere i principi che regolano il funzionamento psichico tramite la regressione e la ricostruzione storica della sua esperienza. Secondo Freud le nevrosi sono causa di blocchi evolutivi e vanno indagate all’interno del mondo inconscio dell’adulto. Tali blocchi nevrotici intralciano il cammino verso l’età adulta guidata dal principio di realtà, che agisce sull’individuo sano e lo rende immune dai comportamenti infantili solo reattivi alle pulsioni del piacere.
L’inconscio è il luogo del rimosso, la regione dell’infanzia e dei desideri insoddisfatti, mentre il conscio è il luogo del razionale e dell’adultità. L’intrinseco dualismo infanzia/adultità presenta i conflitti di queste dimensioni che costituiscono il nucleo centrale della teoria psicanalitica di Freud. Secondo Freud il bambino è paradossalmente il “padre adulto”, infatti l’infanzia è regolatrice della vita psichica adulta e solo il riconciliarsi con essa può portare alla guarigione. Le persone che si rivolgono alla psicanalisi sono adulti apparenti, non padroni di sé e turbati da fantasmi infantili. Freud dimostra che il mondo infantile nella psiche dell’adulto è il nucleo nevrotico di una tendenza alla regressione. L’adulto è colui che accetta il dispiacere inflittogli dalle perdite e riesce a trasferire il proprio interesse su diversi oggetti. Freud sostiene che l’adulto è un soggetto padrone di una genialità, capace di amare, provare piacere senza colpa e in grado di lavorare, rendendosi socialmente utile. Tale formula duale sintetizza l’essenza di salute psichica della maturità dell’Io, della “buona adultità”. La psicanalisi ci consegna la visione del corso della vita legata al mondo infantile. Freud sostiene che la presenza del mondo infantile nell’adulto è un fattore involutivo e frenante per un equilibrato sviluppo psicosessuale, manifestazione di genialità piena. La narrazione e l’attività onirica sono strumenti tramite cui esplorare, nella vita psichica dell’adulto, le tracce di puerilità che l’intervento terapeutico deve riportare sotto il controllo dell’Io.
Accezioni postfreudiane
Erikson rivaluta le tappe della vita e dell’adattamento dell’Io all’interno di una concezione stadiale epigenetica, distante dalla bipolarità bimbo/adulto. Il puer può vivere nell’adulto non come elemento frenante e repressore, ma come simbolo delle possibilità date all’adulto di vivere molteplici pubertà nel corso della vita. Jung dimostra e sostiene una grande fecondità nella dimensione infantile rispetto alla demonizzazione freudiana del puer. Nell’adulto le dimensioni del puer che è inquieto e ha voglia di conoscere e di giocare coesistono e si fronteggiano con la dimensione del senex stabile e monolitico. L’adultità è sede di tale conflitto eterno e la sua equilibrazione è sintomo di maturità e indicatore del processo di individuazione. L’età adulta si mostra tale tramite il cambiamento, processo volto a spazzare via i contrari (puer e senex) e raggiungere uno stato di coscienza più elevato. Jung parla di processo di individuazione della mezza età perché lo sviluppo non ha termine in un momento preciso.
Erikson sostiene che l’adulto è colui che agisce non in diretta conseguenza della soddisfazione degli impulsi primari, ma sa prefiggersi scopi che prescindono dai