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Michele SANTULLI. Lo sfacelo di Ischia e dei Campi Flegrei.

La natura e l’arte è un pò arduo che si siano espresse altrove in maniera più conforme ed aderente che a Ischia e ai Campi Flegrei: l’una, una gemma incastonata nell’azzurro del mare e gli altri, un cammeo in una cornice dorata!
Già in epoca remota località affascinanti, invase ed occupate da pirati, da avventurieri, da popolazioni lontane, poi dai Greci, poi ancora dai Romani poi, secoli dopo, dai viaggiatori europei incantati ed ammaliati da tante bellezze di una natura particolare.
I Greci principalmente hanno lasciato tracce visibili della loro occupazione oltre alla onomastica: Pithekoussai, Epomeo, Procida, Cuma in greco…
In una necropoli negli anni ‘50 del secolo scorso fu rinvenuta, frantumata, una coppa decorata che, restaurata, evidenziava una iscrizione, incisa con uno stilo da qualche greco dell’epoca – circa 700 a.C. – che inebriato dal succo di Bacco dell’isola felice, dice: “chiunque beve da questa coppa, sarà preso immediatamente dal desiderio di possedere la bellissima Afrodite incoronata”… è la coppa di Nestore di cui, scrivono gli studiosi, parla Omero nell’Iliade.
Quanto avvenne nel corso dei secoli in questo luogo incantato per natura ed arte fa parte della storia.
campi flegreiPoi vennero i Romani ed in particolare ai Campi Flegrei trovarono il loro autentico paradiso: quel mare, quel sole, quell’atmosfera dolce, quegli effluvi degli agrumi e dei limoni e dei fiori… tutti, frastornati e ammaliati, a partire dagli imperatori – Augusto, Tiberio, Caligola, Nerone, Adriano, Antonino Pio… – si fecero costruire le loro sontuose ville in questo angolo magico del Golfo di Napoli o vi vennero a morire: natura incontaminata e fuochi e fumi che uscivano ed escono dal suolo, ricercati per le cure del corpo, i fanghi salutiferi, le sorgenti di acque termali e poi piccoli laghi, alcuni miracolosi per la ricchezza della pesca: perfino le ostriche vi furono inventate, se così si può dire, e le spigole e le orate in particolare, grazie ad un personaggio dell’epoca divenuto leggendario imprenditore, perfino il nome una promessa, Sergius Orata! Anche Marco Agrippa, Cicerone, molti nobili romani, si insediarono nel golfo di Pozzuoli con ville che i resti ne lasciano immaginare la opulenza: Caio Mario costruì la sua sfarzosa residenza nel posto più pittoresco di Capo Miseno dove anni dopo l’imperatore Tiberio, come raccontano gli storici, venne a trascorrere gli ultimi anni della sua esistenza.
A Miseno divenuto il porto vitale di Roma, era ancorata anche la flotta sotto il comando di Plinio il Vecchio che intervenne, trovandovi la morte, in occasione del terremoto di Pompei nell’ottobre del 79 d.C.
In uno di questi laghetti, il lago di Averno, forse a seguito di tutti quei fuochi e fumi e acqua bollente che sgorgava, e sgorga, dalle rocce e dal suolo, fu considerato da Virgilio la sede degli inferi, l’inferno dei perversi. E qui, sottoterra dunque, il poeta immaginava non solo l‘inferno ma anche il luogo delle anime felici, i cosiddetti Campi Elisi, cioè l’Eden, il Paradiso.
E nel corso del 1700 e 1800 quando questi luoghi divennero meta prelibata dei viaggiatori europei nonché degli artisti e scrittori e poeti, non fu difficile i Campi Elisi vederli in superficie, in giro, al cospetto di quella natura ineguagliabile che godevano attorno e di cui si inebriavano estasiati: quel verde, quei profumi, quegli uccelli ed animali attorno, quella dolcezza dello zefiro, quelle vestigia imponenti delle antichità, quelle opere d’arte visibili perfino giù nel mare azzurro a seguito di certi fenomeni tettonici detti bradisismi..…
I viaggiatori europei, in gran parte originari di paesi nordici, a tale spettacolo di seduzione e di incanto nascevano a nuova vita, non pochi trovarono qui una seconda patria.
Andare oggi in questi luoghi, a Ischia e ai Campi Flegrei, una volta unici al mondo come nessun altro, è come andare a Ponticelli o a Scampia o al Vomero o a Posillipo: cementificazione totale, l’annientamento della natura, la completa quasi masochistica suicida cancellazione dell’antica poesia: i recenti disastri a Ischia lo rammentano e confermano; i Campi Elisi cancellati, tornati sottoterra affianco agli inferi!
Una favela, come tale disordinata e degradata, con la volgarità del contesto edilizio! In effetti è avvenuto che dopo le tante presenze da ogni parte del mondo nel corso dei secoli e dopo tanta bellezza e incanto preservati, è arrivata quasi alla fine, detto con Flaiano, l’invasione funesta al massimo degli Italiani!
La sola struttura architettonica moderna, degna e meritevole di essere menzionata e soprattutto ammirata e ricordata, è – incredibile che possa sembrare – lo stabilimento Olivetti fatto costruire negli anni ’50 del secolo scorso da Adriano Olivetti, entusiasta e sollecito fattivo del bene comune fino alla fine e, soprattutto, consapevole del significato dei luoghi!

Autore: Michele Santulli – inciociaria@gmail.com

Francesca Bianchi. La Sicilia degli Dei: il fascino senza tempo della Sicilia del mito.

FtNews ha intervistato i proff. Giulio Guidorizzi e Silvia Romani, autori del libro La Sicilia degli Dei. Una guida mitologica (Raffaello Cortina Editore, 2022). Un avvincente viaggio nella Sicilia del mito che parte dalle isole Eolie, terre di vento e di fuoco, e arriva fino a Mozia, l’isola sospesa. Sfogliando le pagine di questa originale guida, ci imbattiamo nei miti più noti legati alla fondazione e alla storia delle più importanti città siciliane…

Leggi tutto nell’allegato: La Sicilia degli Dei

Autore: Francesca Bianchi – francesca-bianchi2011@hotmail.com

Michele Zazzi. Stele funeraria 168 dalla Necropoli di Certosa Bologna.

La stele di arenaria è di dimensioni monumentali ed è decorata a bassorilievo su entrambi i lati.
Il lato A è suddiviso in tre fasce o registri.
Sul registro superiore vi è rappresentata una scena di lotta tra un serpente ed un ippocampo, animali fantastici che alludono al mondo ultraterreno.
Nella fascia centrale un demone alato guida il defunto verso l’oltretomba su un carro (biga) trainato da cavalli alati.
Nella parte inferiore un cavaliere armato di spada ed abbigliato con corazza affronta un guerriero nudo con scudo ovale e spada a doppio tagliente. La scena viene interpretata variamente come rappresentazione di giochi funebri o come combattimento tra un guerriero celta ed un cavaliere etrusco.
Sula lato B un demone alato porta/guida per mano il defunto a piedi verso l’oltretomba.
La stele rientra nell’ambito della produzione felsinea dei segnacoli tombali della seconda metà del V secolo a.C. che trae spunto da modelli iconografici proposti dalla ceramica attica del periodo. In particolare rientra tra quegli esemplari che presentano due lati figurati rispetto alla netta prevalenza dei monumenti della specie che hanno un solo lato lavorato.
Nella stele in oggetto il tema del passaggio del defunto dalla vita alla morte è descritto mediante due scene diverse in cui compare sempre un demone alato, che potrebbero essere interpretate rispettivamente come riferite al distacco del defunto dal mondo dei vivi e quindi al viaggio di quest’ultimo verso l’aldilà
Il segnacolo è conservato presso il Museo Civico Archeologico di Bologna.

Sulle stele felsinee cfr., tra gli altri:
– Studi sulle stele etrusche di Bologna tra V e IV secolo a.C., a cura di Elisabetta Govi, Edizioni Quasar, 2014.

Autore: Michele Zazzi – michele.zazzi@alice.it