Fin dalla prima preistoria si osserva una sostanziale unitarietà ed omogeneità nelle culture che si avvicendano nella Valle del Sarno con il suo naturale prolungamento nella penisola sorrentina e isola di Capri da un lato e con la zona nolana e di Avella dall’altro.
A circa 100.000 anni fa, dunque nel periodo Acheuleano del Paleolitico, si fanno risalire le prime frequentazioni umane per la Valle del Sarno. Testimonianze di tale frequentazione sono state scoperte nel 1906 a Capri. Oggetto del ritrovamento numerosi reperti dello strumento acheuleano per eccellenza, cioè l’amigdala ottenuta scheggiando una pietra dura; inoltre, cosa importantissima, mucchi di ossa di diversi tipi di animali, il cui esame permette di conoscere la consistenza della fauna del tempo. Se poi si pensa che l’isola di Capri, al tempo delle grandi glaciazioni, era sicuramente collegata alla terraferma, se ne deduce che la stessa fauna doveva vivere lungo le rive del Sarno. Questa fauna era composta in prevalenza da mammut, da rinoceronti del tipo detto di Merck, ma soprattutto da ippopotami, che nelle acque del fiume e delle paludi circostanti trovavano il loro habitat naturale, mentre le nostre montagne erano frequentate dall’orso delle caverne.
Nel periodo Musteriano, che va grosso modo da 8.000 a 40.000 anni fa, le popolazioni della valle si dedicano alla caccia dei cervi, degli stambecchi e perfino degli orsi. Resti di questi animali sono stati ritrovati in numerose grotte della penisola sorrentina (Isca, leranto, Cuparo, ecc.). In pieno Neolitico, circa 5.000 a. C., anche per la nostra zona si ha il fenomeno delle popolazioni che diventano sedentarie dedicandosi all’agricoltura e all’allevamento di animali domestici. E’ appunto una di queste popolazioni a dar vita, nella seconda metà del IV millennio a. C., all’insediamento preistorico in località Foce di Sarno.
Verso l’inizio del I millennio a. C. comincia ad acquistare importanza commerciale e strategica il vecchio tratturo preistorico, divenuto vera e propria strada pedemontana (la futura Tabellara), che, costeggiando i monti sarnesi, dall’agro nocerino porta alla zona nolana. La valle è in quel tempo interessata da molte zone paludose ed è ricoperta quasi interamente da fitti boschi di secolari querce, la famosa e tenebrosa Silva Mala dei tempi storici, per cui il corso del fiume Sarno è di fatto l’unica via di comunicazione e di baratto, che dalla costa permette di raggiungere velocemente il predetto tratturo pedemontano e da qui giungere nel nolano.
Infatti è proprio lungo il fiume che, agli inizi del IX sec. a. C. cominciano a sorgere, nelle radure strappate alle fitte boscaglie circostanti, numerosi insediamenti umani. Gli insediamenti sorgono a poca distanza l’uno dall’altro e sono costituiti da piccoli gruppi, forse clan, che non superano le poche centinaia di individui. Ogni villaggio ha nelle sue immediate vicinanze il proprio sepolcreto. Ed è proprio il rinvenimento di queste necropoli, in particolare quelle di San Marzano, San Valentino e Striano, a permettere di comprendere in parte la loro organizzazione sociale e il grado di civiltà raggiunto. Chiaramente siamo in presenza di popolazioni che dall’agricoltura ricavano il proprio sostentamento e, grazie all’elevata fertilità del suolo, un certo benessere dovuto all’accumulo di derrate alimentari, oggetto poi di baratto e di una forma embrionale di commercio con gruppi costieri. Quest’ultimo forse all’inizio con i Fenici, come sembra adombrare il racconto virgiliano di Ebalo e confermare il ritrovamento di una piccola anfora vinaria di tipo fenicio.
Il rito dell’inumazione praticato nelle necropoli, gli amuleti magico-religiosi ritrovati, le tombe di donne sacerdotesse con accanto l’ascia rituale riportano tutti al tipo di civiltà dell’antico bacino mediterraneo dai culti a sfondo magico-agrari. Anche se si evidenziano innegabili influssi arii o indoeuropei nelle tracce di un embrionale culto solare