Giuliano CONFALONIERI. Palombaro: un mestiere pericoloso.

Alla fine del 1800 comincia ad essere impiegato lo scafandro flessibile, ideato decenni prima da Augustus Siebe e utilizzato per la prima volta con successo per il ricupero dell’artiglieria dalla nave Royal George. Inizialmente Siebe aveva presentato un casco metallico simile ad una piccola campana subacquea che riceveva aria da un tubo collegato alla barca-appoggio. Gli oblò di vetro permettevano al palombaro di vedere ma doveva avere la massima attenzione a rimanere in perfetta posizione verticale per evitare che il casco si riempisse d’acqua. Per questa grave lacuna, il medesimo inventore realizzò la tuta stagna, il collare metallico al quale era fissato il casco e le suole di piombo.
Uno scafandro del genere fu presentato durante l’esposizione di Parigi del 1855 con relative dimostrazioni nella Senna e l’adozione da parte della Marina francese. Naturalmente il suo uso – per mantenere costante il flusso d’aria e la relativa pressione in base alla profondità – non era scevra di pericoli proprio come i moderni subacquei spesso costretti ad essere rinchiusi nella camera iperbarica per seri problemi di embolia causati da imprudenze nella risalita dal fondo. In disuso dagli anni Ottanta del XX secolo, il pesante scafandro è stato sostituito da moderni mezzi come i robot e le nuove tecniche di immersione.
Già Leonardo da Vinci ipotizzava – nella sua molteplice capacità inventiva – l’uso di uomini-pesce che però dissuadeva preoccupato dalla natura umana; vengono infatti riportate le sue parole: per le male nature delli omini li quali userebbero li assassinementi ne’ fondi mari col rompere i navili in fondo e sommergerli insieme colli omini che vi son dentro.
Sagge parole profetiche confermate durante le due guerre mondiali con carneficine simili a quelle degli atroci combattimenti a terra. L’attrezzatura ed i metodi di manovra si sono gradualmente evoluti in modo da permettere all’operatore di raggiungere con sicurezza profondità maggiori e di permanervi più a lungo.
I subacquei professionali (pesca di spugne o perle) con chiusure per naso, orecchi, occhi, si immergono in fondali bassi e per breve tempo; abili nuotatori per robusta costituzione fisica e lungo allenamento si calano – liberi o assicurati ad un cavo – alla profondità di qualche decina di metri per alcuni minuti, zavorrati ed il corpo unto di grasso animale: possono tornare alla superficie rapidamente senza grave danno; alcuni indossano una casacca impermeabile, con un cappuccio stagno con vetro, conservano il capo asciutto e hanno una limitata autonomia per l’aria rifornita da un tubo collegato all’esterno; altri, muniti di un completo impermeabile indossato sopra indumenti di lana e di elmo stagno possono provvedere a ricuperi e lavori alle parti sommerse delle navi in avaria, opere murarie subacquee, azioni guerresche.
La respirazione del palombaro è garantita da una pompa sulla barca, azionata a braccia e portata all’elmo con una manichetta o con aria contenuta, a pressione, in apposite bombole fissate sulle spalle e immessa nell’elmo tramite una valvola comandata dallo stesso operatore. L’aria viziata si scarica all’esterno mantenendo così la pressione costante. Gravissime conseguenze nella rapida emersione (decompressione), che deve essere fatta molto lentamente anche in apposite camere per evitare embolie.

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