Giovanni PANELLA: Cariddi, la nave che visse solo due volte.

La vicenda della Cariddi, nave traghetto dello Stretto di Messina, è stata lunga e tormentata. Costruita nel 1932, nella sua prima vita ha fatto la spola tra Messina e Villa San Giovanni, trasportando treni e passeggeri. Affondata durante la guerra, sembrò che fosse perduta per sempre. Fu invece riportata a galla, ricostruita e riprese una lunga vita di servizio, che si concluse nel 1991.


La terza vita della nave avrebbe dovuto iniziare quattordici anni fa, nel 1992, con la trasformazione in museo galleggiante del mare. La Cariddi è rimasta invece ancorata nel porto di Messina, confinata in una specie di limbo, rimanendo sospesa tra la vita e la morte finché non è affondata, questa volta definitivamente. Insomma, quella della Cariddi è una brutta storia, che lascia in bocca il sapore amaro delle occasioni perdute. Se il gusto è davvero cattivo, forse da questa vicenda si  può trarre qualche insegnamento perché, a volte, per riuscire a raggiungere un risultato bisogna prima aver toccato il fondo.


Per quanto riguarda il patrimonio marittimo, un esempio del genere si è avuto in Gran Bretagna, un paese che oggi in Europa viene considerato all’avanguardia delle politiche di salvaguardia del “maritime heritage”. Ma non è sempre stato così, visto che cinquanta anni fa gli inglesi non si facevano problemi a distruggere sistematicamente tutte le loro “vecchie navi”, convinti che il loro patrimonio sarebbe stato inesauribile. La vicenda culminò nel 1948 , quando per mancanza di fondi ma soprattutto di interesse, fu proprio la “Royal Navy” a rimorchiare in mezzo alla Manica la fregata Implacable, unica superstite della battaglia di Trafalgar (insieme alla Victory) e la fece saltare in aria. Da allora in Gran Bretagna il movimento per la salvaguardia del patrimonio marittimo si è raccolto sotto lo slogan: “Never again” e cioè “Mai più un caso del genere”. Proprio “Never again” è diventato il motto ufficiale del “ World Ship Trust”, una associazione che negli ultimi quaranta anni ha vinto molte battaglie e ha salvato tante navi di interesse storico.


Ebbene, sembra proprio che il nostro paese voglia emulare la Gran Bretagna, distruggendo una delle nostre navi storiche più significative.


La Cariddi entrò in servizio nel 1932 come traghetto ferroviario e la sua attività continuò anche durante la guerra, quando l’unità, insieme agli altri mezzi operativi nello Stretto, riuscì nel difficile compito di trasportare in Calabria le forze italo- tedesche in ritirata dalla Sicilia. Tale sgombero venne effettuato in condizioni critiche: in acque ristrette e sotto il totale dominio aereo-navale degli Alleati. Le navi che operavano nello Stretto erano considerate obiettivi prioritari dai bombardieri anglo-americani e la Cariddi fu oggetto di numerosi attacchi, che però non la danneggiarono mai seriamente. Compiuta questa impresa, il 16 agosto 1943 il traghetto, ancora carico di mezzi militari, fu portato al largo per affondarlo. La nave sembrava però dotata di una volontà propria, perché l’apertura delle valvole non portò a nessun risultato e fu necessario far brillare delle cariche esplosive. Solo allora la Cariddi affondò, capovolgendosi su un fondale di venti metri.


Recuperato nel 1949 superando notevoli difficoltà tecniche, con lo scafo che era ridotto ormai a poco più dell’opera viva, fu rimorchiato nel cantiere di Riva Trigoso, dove venne completamente trasformato. Venne tagliato in due e allungato di 11 metri, con l’aggiunta di un quarto binario e di un secondo finto fumaiolo. Inoltre fu installato un  portellone prodiero:  il dislocamento a pieno carico passò quindi a circa 5.000 tonnellate e la velocità massima a 16,7 nodi. Il nuovo varo, con conseguente inizio della seconda vita, avvenne il 20 ottobre 1953.


Da allora la Cariddi fu un