CARLO DENINA STORICO DEL PIEMONTE. POLITICA, STORIOGRAFIA E CULTURA DAI MATERIALI DELLA GESCHICHTE PIEDMONTS SINO ALLA ISTORIA DELL’ITALIA OCCIDENTALE

Introduzione della tesi di Laurea di Storia Moderna, relatore professor Giuseppe Ricuperati, anno accademico 1999-2000

La figura di Carlo Denina sfugge a sistematizzazioni frettolose, desiderose unicamente di collocare il percorso intellettuale di un uomo in comode classificazioni, che si vorrebbero valide al di là della complessità degli itinerari biografici. La vasta e differenziata produzione del letterato piemontese che spazia tra teologia, storia, storia della letteratura, politica, linguistica, poetica, animate e sostenute da una costante vocazione didattica e pedagogica, pongono lo studioso contemporaneo di fronte alla molteplicità degli interessi del letterato a riconferma di come durante tutto il secolo XVIII la specializzazione del sapere era soltanto nella sua fase iniziale, rendendo problematico delineare un percorso intellettuale chiaro e limpido. L’oggetto della tesi consiste nello studio del rapporto tra Carlo Denina e lo stato sabaudo, analizzato così come esso si delineò nel periodo in cui divenne professore di eloquenza italiana e lingua greca (1770-1777), e così come si configurò nelle molteplici opere dedicate allo spazio subalpino: la Geschichte Piemonts, pubblicata a Berlino tra il 1800 e il 1804 e la Storia dell’Italia Occidentale, composta a Parigi alla fine del primo decennio del XIX secolo, che riutilizzava ampiamente il materiale documentario usato per il libro tedesco, a sua volta debitore di altri scritti composti quando Denina si trovava ancora a Torino.

Dopo una breve ricostruzione biografica che vorrebbe inquadrare l’autore nel tempo in cui visse, optando più che per una ricostruzione analitica per l’individuazione delle diverse componenti culturali che sollecitarono il giovane studioso piemontese allora borsista al Collegio delle Provincie, identificate nel giurisdizionalismo sabaudo, cultura muratoriana, e variegato mondo diplomatico presente a Torino a metà del Settecento entro il quale si assisteva ad una rapida circolazione delle idee illuministiche e non proveniente da oltralpe; il secondo capitolo si occupa del periodo universitario, tra gli 1770 e 1777, momento in cui Carlo Denina, già noto a livello europeo per la pubblicazione delle Rivoluzioni d’Italia, aspirò ad ascendere i vertici dell’intellettualità subalpina, ponendosi come mentore di riferimento, suggeritore e legittimatore della nuova impostazione politica voluta nella prima fase del suo regno da Vittorio Amedeo III, salito al trono nel 1773. Lo studio delle orazioni universitarie, di una forma di letteratura ampiamente cristallizzata in precisi topoi, permette di cogliere la presenza, costante nella produzione deniniana, di una tematica tesa alla rivendicazione ad una più organica presenza dei letterati nella gestione del potere, in un rapporto di stretta collaborazione che tuttavia non doveva significare subordinazione, ma tensione proficua capace di contribuire al rinnovamento della compagine statale. Il modello di riferimento, come Denina chiarì nella Bibliopea nel 1776, rimaneva un funzionario colto, con un’adeguata formazione letteraria, inserito organicamente nelle strutture politico amministrative, sul modello del ducato di Milano. Modello che egli stesso aveva perseguito personalmente tentando di trovare un impiego nella Segreteria per gli Affari Esteri, il cui mancato inserimento lo condurrà ad indossare la veste talare. Nei Panegirici il professore di eloquenza italiana e lingua greca si rivolgeva direttamente al monarca e ad una platea che comprendeva con chiarezza la svolta intrapresa rispetto al periodo di Carlo Emanuele III, auspicando alcune precise scelte politiche e giustificando quelle intraprese. Il capitolo termina con l’analisi del maggior scritto teorico dello storico di Revello, la Bibliopea, e con l’esame delle Lettere brandeburghesi, consegnate dall’autore alla società subalpina durante il suo viaggio ‘germanico’ alla volta di Berlino, chiamato da Federico II nel 1783.

Il legame c